mercoledì 23 marzo 2011

Dissesto idrogeologico: diventeremo una palude?

di Claudio Lombardi, Domenico Priora

L’ipotesi che nel futuro si dovesse vivere in una terra in cui in inverno ci fosse sempre la nebbia, in autunno e in primavera piogge torrenziali che causassero frane ed esondazioni e che in estate si fosse perseguitati dalle zanzare, sembrava una prospettiva provocatoria. Tale ipotesi rischia invece di essere ,alla luce degli ultimi eventi, quasi una certezza.

In questi giorni e per l’ennesima volta in pochi anni abbiamo visto come cambia quel mondo quieto in cui siamo vissuti senza problemi per tanti anni. Pochi giorni di pioggia intensa sono sufficienti a creare situazioni di grave pericolo per le comunità.

Appena torna la pioggia, l’acqua comincia a salire e in molti paesi della ricca pianura alessandrina, quelli che fino a pochi anni fa erano torrenti innocui, rigagnoli senza pretese, in grado di ingrossarsi fino ad allagare qualche campo, talvolta, ma senza gravi conseguenze per le cose e per le persone, oggi sono cambiati e come dicono i tecnici “esondano”, aggrediscono le case i campi e le strade. I piccoli corsi d’acqua diventano un’onda che distrugge quello che incontra.

Non va certamente meglio su quelle colline del Monferrato, che fino a qualche anno fa erano il giardino del Piemonte, oggi le frane sono talmente grandi che sono visibili a distanza di chilometri, l’abbandono della terra coltivata e del sistema di gestione dei fossi e dei pozzi, per secoli curato dai contadini, consente all’acqua di penetrare rapidamente nel terreno e di provocare quelle frane che sono sotto gli occhi di tutti .In questi giorni la rete viaria di tutto il territorio collinare è nuovamente interrotta dalle frane in molti punti.

Ma le piogge primaverili di quest’anno non hanno interessato solo la rete idrografica minore, le precipitazioni di marzo hanno determinato un aumento della portata del Tanaro che ha avuto un picco ad Alessandria nella notte del 16: picco comunque assai distante da valori preoccupanti. Ciò non ostante il fiume è esondato nei i soliti punti”: in riva sinistra immediatamente a monte del ponte della ferrovia,all’Osterietta e alla confluenza con il Bormida in zona Pietramarazzi. Due considerazioni in merito. La prima: gli argini costruiti a seguito della tragica esondazione del ’94 non riescono a contenere portate sensibilmente inferiori alla metà di quella determinatasi nel tragico evento ricordato. La seconda considerazione: eventi pluviali più intensi e duraturi potrebbero causare situazioni pericolosamente simili a quella dell’esondazione del ’94. Come allora l’acqua infatti è esondata già a monte del ponte della Ferrovia a comprova dell’inutilità dell’abbattimento del ponte Cittadella. Le esondazioni e relativi danni possono essere evitati con appropriati interventi dal punto di vista idraulico, strutturale e manutentivo. Non è questo il caso del Tanaro nella zona di Alessandria ove gli argini denunciano frequentissimi cedimenti e i canali e rii secondari si sono mostrati non correttamente incanalati .Gli interventi realizzati con i fondi erogati a seguito. dell’alluvione del 94 (centinaia di milioni di euro) si sono mostrati a dir poco inefficaci ed è probabile che: dovranno essere rifatti con grave sperpero di danaro pubblico..

A questi punto, la considerazione pur ovvia è che ormai non c’è più bisogno di eventi eccezionali per produrre effetti deleteri, siamo arrivati ad una rassegnata normalità di un territorio e di una comunità costretti a subire fenomeni naturali appena al di sopra dell’ordinario.

Una pur sommaria valutazione del periodo che va dalla prima drammatica alluvione del 94 a quella pur ridotta dei giorni appena passati, porta però qualunque osservatore alla amara considerazione che il sistema politico amministrativo non sa, o non vuole affrontare la mutata condizione ambientale ed idrogeologica.

Oggi però alla luce della frequenza e dell’estensione delle inondazioni, le scelte della politica di non affrontare, con progetti che prospettino una vera gestione del territorio, comportano ormai una tassa non scritta, quasi un pizzo da pagare di continuo a un modello economico ormai incompatibile con il futuro del mondo locale.

La fine della sudditanza delle scelte pubbliche al modello di sviluppo fondato su grandi opere legate alla logistica diventerà non una scelta ideologica ma una necessità economica ed ambientale e se la nostra comunità vorrà continuare ad abitare questo territorio, dovrà chiedere alla classe politica che lo amministra, scelte radicalmente nuove che vedano gli investimenti destinati a realizzare i progetti capaci di mettere in sicurezza i centri abitati nei casi delle piene straordinarie e non.

La sicurezza delle città e dei paesi dovrà passare attraverso un complesso ed articolato intervento di riequilibrio dell’eco sistema territoriale, che dovrà prevedere la riduzione delle portata dei fiume a monte delle stesse, e la riqualificazione forestale delle aree collinari.

Riduzione che potrà essere ottenuta mediante la costruzione di aree di esondazione e di casse di laminazione, restituendo in tal modo al fiume quelle aree che la edificazione e speculazione edilizia ha loro sottratte.

Si tratta di interventi che hanno costi finanziari elevati, ma che sono comunque inferiori ai danni che ogni anno le nostre comunità subiscono da frane ed esondazioni.

Sono scelte che non possono essere più rinviate senza mettere ulteriormente a rischio la sicurezza delle persone, e che in tempi di crisi finanziaria del sistema pubblico, impongono cambiamenti radicali nella programmazione delle opere pubbliche, e quindi il rinvio a tempi futuri di quelle opere faraoniche che non sono più indispensabili alla comunità provinciale, per finanziare invece quel che serve per la difesa del nostro territorio e della nostra gente.


Alessandria, 22 marzo 2011

(Sinistra Ecologia Libertà-Alessandria)

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